2 gennaio 2012

L'Arte dell'Avventura (3)



L'anno nuovo è arrivato, e con i dovuti auguri a tutti gli avventurieri eccovi il terzo paragrafo dell'Arte dell'Avventura, dove andremo a leggere dell'età dell'oro delle avventure testuali. 

A lunedì prossimo per il completamento del capitolo dedicato alla storiografia :)


Il boom commerciale

“Adventure arrivò al MIT e tutto cambiò.”


La risposta di un eterogeneo gruppo di studenti del MIT fu un’imitazione improvvisata di ‘Advent’ chiamata ‘Zork’. Essa avrebbe portato, nel Giugno del 1979, alla fondazione della Infocom un’azienda che sei anni dopo, all’apice del successo, avrebbe impiegato oltre cento persone. Il suo centro sviluppo, “una flotta di frigoriferi rossi” (Brian Moriarty), pagava la stessa bolletta elettrica che ci si sarebbe potuta aspettare “da una fonderia d’alluminio” (Marc Blank). Un’immagine simpatica, ma i continui test ed il confezionamento finale del prodotto erano i punti critici che avrebbero reso famosa la Infocom come un marchio di qualità, nella nicchia di mercato appena creatasi.

Gli anni gloriosi della Infocom sono stati romanzati dai racconti sulla soda gratis, le magliette hawayane e le riunioni all’ora di pranzo del Martedì degli autori - che per amor di verità non furono mai più di dieci, e che non erano liberi di fare tutto quel che volevano come l’immagine che traspare dai racconti potrebbe far pensare. In questi anedoti, non viene dato abbastanza credito ai capi dipartimento responsabili della struttura artistica della Infocom, specialmente a John Prince (direttore editoriale, responsabile di lancio ed umile dirigente dei programmatori) e Liz Cyr-Jones (capo del testing, e la sola donna che aveva realmente il potere di influenzare il processo creativo). “Il personale vestiva casual, e sembrava come se avessero dormito con i vestiti addosso, se mai dormivano...”, scriveva Richard Dyer sul Boston Globe (6 Maggio 1984), il giornalista più perspicace e di mentalità aperta tra i molti che visitarono l’azienda. Non mancarono le critiche, particolarmente nello scoprire che i giochi erano l’unico prodotto concreto di quello che era conosciuto come il MIT Dynamic Modelling Group, e che le avventure non rappresentavano un semplice diversivo momentaneo ma il core business. La poco gradevole situazione societaria che si creò dopo il rilevamento da parte di un’altra società in crisi, assieme con il venir meno da parte dei propri implementatori della fiducia nel testo come mezzo e allo sfinimento di membri chiave del personale, provocarono infine l’ineluttabile liquidazione della Infocom del 1988-9, inutile a dirsi fu un avvenimento molto scoraggiante per tutto il mercato. Ma coloro che per primi vi lavorarono per lo più ricordano quel periodo con felicità, come un’occasione che capita una sola volta nella vita, e con lo stesso affetto con cui si ricorda un’amore estivo.

La Infocom dominò il mercato Americano di fascia alta per un lungo periodo: nel 1985 era solita occupare molte delle prime venti posizioni delle classifiche di vendita (SoftSel Hot List) – redatte da uno dei maggiori distributori degli USA – un gioco riuscì a rimanersi in cima alle classifiche di vendita per oltre nove mesi. Ma la compagnia non era così conosciuta al di fuori degli USA, dove i floppy disc non erano alla portata di tutti, ed in ogni caso non aveva il monopolio sull’idea di base.

“Il boom delle Avventure” era cominciato - ne era la prova il sempre maggior numero di nuovi programmi, libri e anche di riviste specializzate.” 3 Sebbene molte ebbero vita breve in quello che fu per certi versi un mercato di aziende fatte in casa, il catalogo di Hans Persson cita ben 329 aziende di produzione. 

Nel Regno Unito, la Acornsoft cominciò a muovere i primi passi: con base a Cambridge e mantenendo stretti legami con l’università, da quest’ultima ebbe un ottimo rifornimento di progetti per le avventure e velocemente riuscì a rilasciare versioni modificate delle avventure che giravano sulla piattaforma Phoenix per BBC Micro – il computer della Acorn – e costituì quella che era la punta di una campagna nazionale di alfabetizzazione informatica supportata anche da programmi televisivi. Alcuni dei titoli della Acornsoft ebbero un timido successo commerciale (uno dei suoi autori guadagnò attraverso i diritti circa 35.000 sterline su giochi che inizialmente erano stati pensati senza alcuno scopo di lucro), ma alla fine un mercato limitato ad un singolo modello di microcomputer si rivelò insufficente a sostenere una grande azienda di giochi.

Guardare indietro ai primi microcomputer è come guardare dei fossili pietrificati nella roccia, reperti risalenti ad un tempo antecedente a che l’evoluzione facesse estinguere i tre quarti delle specie, alcune delle quali assai diverse da quelle sopravvissute oggi. Il mercato era occupato all’epoca dalla Apple, la Commodore, la Tandy (1977), l’Atari, l’Exidy (1978), l’Acorn (1979), la Sinclair (1980), l’Osborne, l’IBM (1981) e da dozzine di altre compagnie minori, le cui macchine erano incompatibili tra loro ed i programmi non potevano essere trasferiti facilmente da un modello all’altro. Le avventure testuali furono un’eccezione dal momento che un tipico programma d’avventura consisteva al 90 percento di una mappa, testo e altre tabelle di dati, così era necessario riscrivere solo il 10% del codice per spostarsi su una piattaforma diversa (ad eccezione dei programmi che prevedevano l’uso della grafica e che necessitavano di hardware più potente). Le migliori compagnie di progettazione fecero un’arte di questa divisione, ‘Zork I’ fu offerto per 23 diversi microcomputer.

La Infocom era di gran lunga la casa più specializzata, le altre avevano al massimo cinque o sei dipendenti. Sulla carta i principali rivali erano, in America, la Adventure International di Scott Adams (diciassette giochi, 1979–85); in Australia, la Melbourne House (diciassette giochi molto diversi tra loro e di diversa provenienza); in Inghilterra, la Level 9 (venti giochi 1981–91, fondata dai fratelli Pete, Mike e Nick Austin) e più tardi la Magnetic Scrolls (sette giochi 1984–90, fondata da Anita Sinclair e Ken Gordon, 1984). In pratica i loro mercati si sovrapponevano poco – sia geograficamente che per computer di riferimento – pertanto la competizione non era tanto tra loro, ma tra differenti generi di giochi.

Nel periodo “dell’età dell’oro delle avventure testuali”, circa i due terzi dei forse mille giochi di avventura pubblicati mescolavano il testo con della grafica, normalmente nella forma di immagini associate ad ogni locazione. Fu la Sierra, una delle aziende protagoniste di quel tempo con la lunghissima serie di King's Quest, ad inaugurare questo trend agli inizi degli anni ‘80 con l’avventura ‘Mystery House’ (Roberta Williams). 

Le vendite erano talmente buone che le compagnie di produzione di giochi da tavolo (Avalon Hill, Games Workshop) si buttarono sul mercato, e cominciarono ad apparire versioni di avventure derivate da libri, da film e dalla televisione, sebbene raramente fossero veramente legate al soggetto originale. In generale non erano giochi particolarmente brillanti, quando ‘Dallas Quest’ (James Garon, 1984) metteva davanti al giocatore: Miss Ellen, un fucile e una tromba, è facile immaginare quale dei tre oggetti si sarebbe rivelato puramente decorativo. Ciò nonostante gli adattamenti della Spinnaker/Telarium Software di due classici della fantascienza, ‘Rendezvous with Rama’ di Arthur C. Clarke (Ronald Martinez, 1984) e ‘Fahrenheit 451’ di Ray Bradbury (Len Neufeld e Byron Preiss, 1984) meritano di essere menzionati, così come ‘Amazon’ (1984) della stessa compagnia, tratto dal romanzo dello scrittore e scenografo Michael Crichton, che sarebbe poi divenuto famoso nel mondo per Jurassic Park, ma che già allora era sulla cresta dell’onda ad Hollywood. 

Thomas M. Disch, un altro scrittore di vero talento, suscitò molto entusiasmo scrivendo ‘Amnesia’ (1986), per poi essere completamente disilluso quando il gioco non fu commercializzato e recepito come ci si sarebbe aspettato da un racconto. “L’idea di sovrapporre su questa struttura [il gioco d’avventura] una concezione drammatica diversa da quella degli enigmi era apparentemente troppo per il pubblico.” (Interviews with Contemporary American Science Fiction Writers, 1990). Il poeta Robert Pinsky fu più cortese verso le scene basate sugli enigmi, come vedremo.

“Una volta splendevo; ora non sono altro che macerie” (Adrian Belew). La grafica degli anni ‘80 era piuttosto spartana e pochi giocatori oggi la tollererebbero, quindi quei 600 e più giochi di quel tempo oggi giacciono per lo più dimenticati e anche gli ultimi quattro titoli della Infocom, che prevedevano la grafica, sono stati trasposti per essere giocati sulle macchine moderne più per pietà che per apprezzamento.4 Ciò non di meno, le avventure grafiche erano una volta un rivale formidabile e l’idea che la grafica fosse necessaria per le vendite si affermò quasi subito. “Non vedrete mai la grafica sullo schermo in un gioco Infocom”, santificava uno dei primi messaggi pubblicitari, facendo di necessità virtù: i giochi della Infocom erano apparentemente troppo evocativi e troppo celebrali, la grafica sarebbe stata come una fotografia del cervello. Sarebbe più corretto dire che la grafica della Infocom era invece al suo massimo stato dell’arte nei libretti colorati che accompagnavano ciascuna confezione del gioco, che spesso conteneva anche indizi utili al gioco (era parzialmente anche una misura anti pirateria). 

Il successo delle avventure in quegli anni si può misurare anche dalle strategie commerciali messe in atto dalla compagnie. Inspirato forse dal successo del libro di dipinti di Kit Wright Masquerade, nel gioco vi era una locazione con una lepre d’oro sotterrata, la Acornsoft offrì un premio per la prima soluzione corretta di ‘Castle of Riddles’ (Peter Killworth, 1984) che – essendo piuttosto difficile e lunga – risultò talmente diabolica che il premio fu vinto solo dopo un bel po’ di tempo. Un premio simile fu offerto per ‘Eureka’ (Ian Livingstone, Domark, 1984) e consisteva nell’enorme somma di denaro di 25,000 sterline. Un’altra strategia di marketing era quella di celebrare la qualità del parser, e di quanto fosse migliorato rispetto alla testarda ignoranza di quello a due parole. Così ‘The Pawn’ della Magnetic Scrolls fu commercializzato elogiando come fosse in grado di capire il comando “usa la cazzuola per piantare la rosa nel vaso rosa”. La pubblicità per ‘The Hobbit’ della Melbourne House, che ebbe grande successo in Inghilterra, si concentrava sulla sola presenza nel gruppo di programmatori di un esperto di linguistica (Stuart Richie) che aveva permesso l’invenzione di “Inglish”, come fu chiamato il sottoinsieme dell’Inglese del parser. In una simile offerta per dignità, la Infocom si distinse presto dai giochi d’avventure artigianali e dalla “simulazione fantasy computerizzata” in stile nerd, scegliendo di vendere i propri prodotti prima come “Interlogic” (1982) e poi come “interactive fiction” (1984), che è rimasto l’eufemismo preferito anche oggi.

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Sebbene i giochi ambientati nelle caverne fossero divenuti obsoleti, a favore di scenari più fantasiosi e aperti e a cacce al tesoro di ogni genere, le meccaniche di ‘Advent’ continuarono a vivere nella forma di generi diversi. ‘Haunt’ di John Laird (iniziato nel 1978, e conosciuto agli autori di ‘Zork’) potrebbe essere infatti il primo gioco non ambientato in grotte, la sua casa infestata di vampiri ha lo stesso tipo di enigmi di ‘Advent’, basati sulla combinazione di oggetti (tipo gettare della trementina su un brutto quadro per svelarne al di sotto un Rembrandt). ‘Haunt’ non è un gioco particolarmente ispirato, ma lo stile volgare e l’inaspettato arrivo di James Watt dal Dipartimento degli Interni che voleva acquistare la casa per $10,000,000 lo rianimavano un po’. L’ambientazione da film “Campeggio degli orrori”, che di solito prevede la partecipazione di Dracula o Frankenstein e una grande e vecchia casa ancor più labirintica di una grotta (‘Mansion’ di Chris Gray (1980) stranamente era ambientata in un sottomarino), era in competizione con la fantascienza e lo spionaggio per la variante più popolare. Mondi alieni e relitti di navi spaziali, grotte d’acciaio le si potrebbe definire, inizialmente si prestavano alla realizzazione di lavori piuttosto seri come ‘Starcross’ (Dave Lebling, 1982), che deve molto a Arthur C. Clarke ed al suo Rendezvous with Rama (ancora) e alle storie Known Space di Larry Niven, da cui prendeva in prestito i dischi rosso e blu per il saltospaziale. ‘Snowball’ della Level 9 (Mike, Nick e Pete Austin, 1983), si svolgeva su una nave interstellare coloniale, e ‘Countdown to Doom’ (1984) di Peter Killworth per la Acornsoft e la Topologika, aveva luogo su Doomawangara (un pianeta ostile, non una regione dell’entroterra Australiano), ed erano tutte avventure allo stesso modo impregnate della fantascenza più classica.

Più spesso, il futuro divenne un veicolo per la commedia, solitamente nella forma della presa in giro o della teatralizazione della fantascenza tradizionale, con una eccezione di rilievo. Le serie radiofoniche ed i racconti di Douglas Adams Guida Galattica per L’Autostoppista Spaziale, e i Tre Uomini in Barca degli anni ‘70, che godettero di un enorme successo.

Per gli hacker di computer divenne un testo da venerare, come gli sketch dei Monty Python nei cui confronti aveva un considerevole debito,5 specialmente nell’immancabile abitudine di Adams di avere lo “straight man” (sarebbe la nostra “spalla” nelle coppie comiche. NdT) in ogni conversazione pronto a fare la battuta. Con la sua immaginazione irriverente e lo humor britannico, non è una semplice parodia, ma un genuino lavoro di fantascenza nel senso dell’analisi sociale: Adams spinge la finzione fino al punto in cui ne vale la pena fingere la vita reale, senza andare oltre come fanno i file di fanscenza pulp o di dischi volanti. Con una enciclopedia elettronica come narratore ed un autore affascinato dagli aggeggi testuali, la commedia di Adams permette un adattamento naturale alla forma del gioco d’avventura e la sua collaborazione con Steve Meretzky alla Infocom produsse i loro titoli più venduti (1984). Le imitazioni del loro lavoro divennero comuni.

Si dimentica spesso, dal momento che non è come noi pensiamo le “classiche avventure testuali”, che molti dei primi giochi avevano un tono molto serio. ‘Advent’ stessa contiene poco umorismo, a parte una locazione comica (Witt's End) e pochi momenti farzeschi da parte del narratore.

Una perla scintillante cade dalla vongola e rotola via. Bontà divina, deve essere veramente un’ostrica. (Non sono mai stato bravo ad identificare i molluschi.)
La peculiare ironia che scorre, talvolta solo come sottofondo, in tutti i giochi della Infocom ha la sua sorgente in ‘Zork’, in parte perché contiene molte più risposte di contorno rispetto ad ‘Advent’ (risposte che non sono necessarie al giocatore per completare con successo il gioco), dando una più forte impressione di personalità. Tale stile creatosi con ‘Zork’, sarà ereditato da ogni altro gioco attraverso il codice del parse e dai suggerimenti del gruppo di testing che era in comune. La più forte unità di stile tra i giochi della Infocom è che sembrano essere raccontati essenzialmente dallo stesso narratore. Questo è un tema su cui torneremo nel paragrafo chiamato “Triangolo d’identità”.

Con un catalogo in costante espansione alla metà degli anni ‘80, lo stile maturo della Infocom faceva cosciente uso dei diversi generi per differenziare i prodotti, aspetto essenziale dal momento che il pubblico fedele alla Infocom si era formato sottoscrivendo una newsletter e che le stesse persone avrebbero comprato molti dei suoi titoli. Inoltre, naturalmente, il cambio di genere faceva parte del divertimento. Ogni giocatore che si scontrava con uno tra ‘The Lurking Horror’ (H. P. Lovecraft horror), ‘Leather Goddesses of Phobos’ (piccante parodia della space opera anni ‘30) o ‘Ballyhoo’ (un misterioso circo tristemente cinico) avrebbe immediatamente saputo indovinare che gioco fosse leggendo poche righe. (‘TLH’, Dave Lebling, 1987; ‘LGOP’, Steve Meretzky, 1986; ‘BH’, Jeff O'Neill, 1985.) 

La Infocom sviluppò anche un format delle procedure di polizia per il “racconto poliziesco”, che si differenziava per il numero di intrighi che erano coinvolti nell’interazione del personaggio e nello sviluppo del caso, piuttosto che basarsi semplicemente sull’esplorazione in stile ‘Advent’ in cui una base nemica rimpiazzava le grotte. 

Gli autori moderni non sono sempre così ligi nell’attenersi ai canoni di un particolare genere di romanzo, ma tra le prime decisioni rimangono quelle di scegliere lo stile, il genere, il personaggio protagonista e soprattutto le caratteristiche del mondo fantastico di cui la storia non sarà che una parte.

La Infocom ottenne grandi successi alla metà degli anni ‘80 e continua ad essere altamente valutata ancora oggi, ma in parte per giochi diversi rispetto a quelli che ebbero successo in passato. I giochi più venduti del 1984 e 1985, ‘The Hitchhiker's Guide To The Galaxy’ e ‘Wishbringer’ (Brian Moriarty) sono oggi considerati mediocri da tutti, affascinanti ma miseri.

Un grande successo di critica ha invece ‘Trinity’ (1986), come fosse un parafulmini di consensi. I motivi sono da ricercarsi nell’apertura del gioco dal sapore di film d’autore, nel tono libresco e pieno di significato - veniva distribuito con allegato una bibliografia - e per il suo ostinato tentativo di essere tutto ciò che oggi desidera trovare la critica più di ogni altra cosa in un’avventura: la letteratura. L’impronta del gioco era di Brian Moriarty, un autore introspettivo e molto navigato, ambizioso e alla ricerca del successo planetario, che descriveva se stesso nei riconoscimenti quale membro della Nathaniel Hawthorne Society. Un uomo il cui nome rimane comunque significativo nell’industria ludica anche contemporanea.



Misi assieme una quantità di materiale sulla storia della bomba atomica … andai sul sito stesso di Trinity [ovvero del primo test di Oppenheimer, dalle parti di Alamogordo], visitai Los Alamos e molti musei, parlai anche con un paio di persone che furono li realmente all’epoca... volevo che il pubblico, nel giocare l’avventura, percepisse la propria impotenza. Perché era ciò che avevo provato io leggendo di quegli avvenimenti e parlando con quelle persone e guardando quei posti. Potevi sentire sulle tue spalle tutto il peso della storia.

‘Trinity’ non è del dutto dark come ambientazione, ne innovativa nelle proprie meccaniche di base, ha una buona fetta di terreno alla ‘Zork’ e qualche animale bizarro. La copertina era nera con al centro la figura di un fungo atomico, la confezione come al solito era di lusso nella forma di un libro e conteneva anche una mappa dei siti dei test di Trinity, una meridiana, le istruzioni per piegare un origami a forma di gru e una parodia del fumetto per ragazzi degli anni ‘50 The Illustrated History of the Atom Bomb (di Carl Genatossio). 

Le vendite nel migliore dei casi furono tiepide, sebbene in parte la causa fosse da ascrivere al fatto che il gioco poteva essere giocato solo su macchine prestazionali e quindi su computer non molto diffusi. Ma anche se avesse venduto un’unica copia a sua madre, la reputazione di Moriarty per il suo lavoro su ‘Trinity’ sarebbe tutt’ora al sicuro.

Ma per trovare le origini della voluta ricerca di uno “status letterario” nella narrativa interattiva bisognerebbe tornare un po’ più indietro nel tempo. Mike Berlyn contribuì fattivamente nel sovvertire l’iniziale definizione del paradigma “enigmi per tesori”, e le scene finali del suo ‘Infidel’ (1983, con Patricia Fogleman), dove viene rappresentato il Libro dei Morti egizio, sono senza dubbio le prime ad essere studiate alla ricerca di un finale letterario. 

Mentre ‘Infidel’ è chiaramente un racconto basato sulla trama, ‘Mindwheel’ (Robert Pinsky, programmato da Steve Hales e William Mataga, Synapse, 1984) è un poema onirico delirante, Dante incontra Alice nel Paese delle Meraviglie. Il protagonista si risveglia trovando il Dottor Virgilio che lo guida e lo fa incontrare con alcuni popolari intrattenitori (cantanti rock e giocatori di baseball), gli altri elementi del gioco si basano su un po’ di chiacchere, insetti dissoluti e “il vostro compagno color broccolo”, una rana che persiste nell’auto denigrarsi durante tutto il gioco:

“Ancora!” dice la rana. “Siamo ancora in una situazione di questo tipo. E pensare che ho anche lasciato un buon lavoro come sostituto di un segnalino per Monopoli!”

Ma ci sono anche personaggi che sembrano vittime trasfigurate alla maniera di Bruegel o Bosch, come il bambino con le teste da uccello che fa la guardia sotto la neve, alle dipendenze di un Generalissimo. L’antagonista che è rappresentato da un allegro Spaw, un demone che indossa “scarpe di pelle d’avvocato”. Gli enigmi includono lo scrivere sonetti, ed un gioco finale basato su una scacchiera umana con differenti enigmi su ogni casella, il giocatore avanza come un pedone (vi sono differenti percorsi, da momento che si possono catturare gli avversari) fino ad arrivare all’ottavo livello. Pinsky – noto per versi quasi liberi dal contenuto sociale – fu nominato US Poet Laureate nel 1997, e ciò che ora chiama il suo “romanzo computerizzato” non si può accantonare facilmente.


‘Mindwheel’ fu il primo di quattro “giochi da incubo” prodotti dalla Synapse Software: ‘Breakers’ (Rod Smith, Joe Vierra e William Mataga, 1986) è la storia di un apprendista in “tecniche coercitive d’interrogatorio” e la nave spaziale ‘Essex’ (Bill Darrah, 1985) presenta la stessa sensazione di persecuzione. Solo ‘Brimstone: The Dream of Gawain’ (James Paul, David Bunch e Bill Darrah, 1985) – doppiamente inreale come un sogno di un cavaliere di re Artù – assomiglia alle avventure tradizionali. La serie si concluse con Broderbund nel 1986, dove acquistata una compagnia si veniva coinvolti in una scena di rapimento condita con una buona dose di magia nera Cinese. Il pubblico dei giochi d’avventura stava diventando sempre più giovane.

L’intenzione della Infocom di esplorare le strade poco frequentate del nuovo medium era genuina, ma non certo altruistica, e la storia commerciale dei suoi giochi è illuminante per comprendere le sue decisioni. La vastità del successo commerciale della Infocom viene spesso esagerata, non nella scala (ad un certo punto un quarto degli home computer possedevano almeno un loro prodotto) ma nella sua durata. Le vendite tipo per un nuovo titolo salirono da 10.000 nel 1981 a 50.000 negli anni 1983-6, per poi cadere di nuovo sotto le 20.000 negli anni 1987-9. Le uniche eccezioni erano la trilogia di ‘Zork’, che vendette oltre 1.000.000 di copie in un decennio - il che spiega se non scusa gli ulteriori sequel - e la ‘The Hitchhiker's Guide To The Galaxy’ che raggiunse le 250,000 copie, il che spiega il desiderio della Infocom di scrivere ‘The Restaurant at the End of the Universe’ (“Il ristorante alla fine dell’universo”, il seguito scritto da Admas per Guida Galattica all’Autostoppista Spaziale). Le vendite erano ulteriormente rafforzate dalla lealtà dei consumatori, fidelizzati attraverso un largo uso di e-mail dirette (alla fine del 1986, la circolazione della newsletter arrivo a 240,000 contatti); dalla riedizione dei titoli degli anni 1980-2; e dalla politica di rifiuto dei resi nella distribuzione (finita nel 1987) che obbligava i negozianti a trattare i prodotti Infocom come beni di lusso, mantenendoli sugli scaffali fino a quando non fossero venduti. Incredibilmente, ‘Suspended’ (1983), non proprio una miniera d’oro, ricevette la stella d’oro per i 100.000 pezzi venduti nel 1986: tipico risultato delle vendite da scaffale. 

I consumatori della Infocom, secondo alcune ricerche di mercato, erano adulti (75% con età superiore ai 25 anni) – elemento poco sorprendente erano gli unici che potevano permettersi di spendere dai $40 ai $50 – e lettori accaniti, l’80% erano uomini, sebbene furono progettati prodotti specificatamente per attrarre il pubblico femminile (come ‘Plundered Hearts’ e i misteri) e i bambini (Stu Galley adattò il parser di ‘Seastalker’ per la struttura delle frasi dei bambini, come osservate durante le fasi di gioco di prova). 

La forza lavoro crebbe in fretta (1981, due; 1982, quattro; 1983, venti; 1984, cinquanta; 1985, cento) ma era sempre più assorbita con la stessa dirigenza dall’unico prodotto di mercato della Infocom. Il database ‘Cornerstone’ (1986) era studiato per capitalizzare l’esperienza della Infocom in materia di macchine virtuali, che permettevano a un gran numero di programmi - giochi d’avventura - di funzionare su un consistente numero di piccoli computer diversi: ma le energie spese nel 1986 sarebbero state necessarie nel 1982, dal momento che oramai si stava affermando il PC IBM come standard e che quindi le macchine virtuali vedevano diminuire il loro mercato, molte delle compagnie rivali nel campo andarono fallite tra il 1983 e il 1984. ‘Cornerstone’ vendette 10.000 copie ma solo dopo una riduzione di prezzo da $495 a $100, e dopo che la decisione della Infocom di passarlo sul conto perdite. 

Nel Giugno del 1986 la Activision comprò la Infocom, in quella che fu una fusione consensuale, per un prezzo di circa 8 milioni di dollari: ovvero circa il valore di 5 anni di fatturato, era un prezzo notevolmente alto, o lo sarebbe stato se ne fosse valsa la pena. La Infocom aveva ancora 15 titoli da pubblicare, inclusi alcuni dei migliori, ma le dispute sul marchio, sulla commercializzazione e la divisione dei profitti e delle perdite produsse molta inquietudine, come fece perdere molto tempo la disputa legale su quale sede legale scegliere tra i diversi stati dopo il cambio di mano; senza contare che anche l’Activision aveva i suoi problemi. Le vendite attese per il sequel di Hitchhiker ovvero “Ristorante” erano una parte essenziale del piano finanziario di ogni anno dal 1985 al 1989, mentre Meretzky, Lebling, Jeff O'Neill e Amy Briggs erano ognuno indicati brevemente nei quadri come gli sfortunati programmatori di un progetto che non decollò mai. 

Il progetto fu ostacolato nel 1985 e nel 1986 dall’incapacità di Douglas Adams di uscire dal bagno quando si avvicinava la data di scadenza - “non potrete accusarlo di mancanza d’igiene in una crisi” (Geoffrey Perkins) – e negli anni 1987-9 dalla quasi impossibile collaborazione con la Britannica Magnetic Scrolls e gli altri intermediari, con cui gli Implementatori non risucivano a stabilire collazioni di lavoro produttive. 

I giochi realizzati da collaboratori esterni invece proseguirono: sebbene Berlyn non approdò a nulla, Blak scrisse ‘Journey’ dalla California e il neo ingaggiato Bob Bates progettò ‘Sherlock’ e ‘Arthur’. (Bates lavorava ufficialmente per la sua compagnia indipendente Challenge, ma le sue finanze al tempo consistevano unicamente dagli anticipi concessi dalla Infocom). 

Senza una decisione consapevole, la Infocom cominciava a trasformarsi in una Azienda che affidava delle commesse piuttosto che ad un laboratorio. Il dipartimento dei test fu coinvolto talmente in ritardo in questo progetto che la nuova dirigenza lo vedeva per lo più come un ostacolo.

Il collasso artistico arrivò nel 1988, quando quattro delle sei figure creative rimaste furono licenziate o furono messe in condizione di andar via (l’editor John Prince, il tester Liz Cyr-Jones, gli Implementatori Jeff O'Neill e Amy Briggs). Meretzky e Lebling rimasero, talvolta scoraggiati, talvolta contenti, svolgendo un lavoro terribilmente pesante. I pranzi settimanali dedicati al game-design alla fine divennero una specie di sciarada, con la partecipazione di dirigenti che si conoscevano appena. La Infocom non andò mai fallita in senso stretto, ma dal 1989 le condizioni del mercato avrebbero obbligato qualsiasi dirigenza interessata a salvare il marchio Infocom ad abbandonare il testo per concentrarsi sui giochi di carattere grafico. La compagnia ora chiamata Activision (a seguito di una seconda, e più felice fusione) si avviò su questo sentiero con una fresca generazione di autori negli anni ‘90. Per quanto ciò che realizzarono fosse differente anni luce dal passato, molti erano entusiasti di ereditare la tradizione della Infocom. La Activision negli anni ‘90 ripubblicò una collezione dei giochi testuali della Infocom, il cofanetto inaspettatamente ottenne ottimi risultati di vendite, per il piacere di tutti.


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