22 gennaio 2012

L'Arte dell'Avventura (6)


Un triangolo d’identità

“Che grammatica bizzarra!” disse Holmes con un sorriso restituendo il foglio all'ispettore. “Avete notato come «lui» improvvisamente è cambiato in «io»? Lo scrittore era così preso dalla propria storia che, nel momento culmine, si è immedesimato completamente nell'eroe.”
— Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930), Three Gables.

In libri come questo, la parola "protagonista" è abusata. Vi sono almeno tre identità coinvolte nel gioco: la persona che digita e legge ("giocatore"), il personaggio principale all'interno della storia ("protagonista"), e la voce che racconta ciò che questo personaggio vede e sente ("il narratore"). Vi è un triangolo di relazioni tra di esse, ed è un triangolo le cui proporzioni variano notevolmente a seconda del gioco.

1. Protagonista e giocatore. “Cosa dovresti fare tu, in qualità di detective, adesso?” domanda apparentemente The Witness al primo turno. Molti giochi (Zork, per esempio) si comportano come se chiunque si presenti davanti alla tastiera possa giocare, come se stesso, a prescindere dal sesso e dalle attitudini. Questo significa far corrispondere perfettamente il giocatore al personaggio protagonista, rendendoli praticamente la stessa cosa. A volte la corrispondenza è prevista veramente: Leather Goddesses of Phobos fa caso a quale gabinetto il giocatore sceglie di far andare il protagonista e stabilisce il sesso del protagonista in base a questa scelta. Seastalker (Stu Galley e Jim Lawrence, 1984), gioco indirizzato ad un pubblico più giovane, chiede il nome del giocatore e poi lo assegna al protagonista. All'estremo opposto troviamo il sottovalutato Plundered Hearts di Amy Briggs (1987), che ha per eroina una particolare ragazza rapita dai pirati nelle Indie Occidentali. Nella sua recensione su SPAG n.4, Graeme Cree scrive che:

In Zork sei solo un tipo anonimo che passeggiava nei pressi della casetta bianca. Non hai alcuna personalità particolare, né una storia precedente. Planetfall fa uno sforzo per dipingere il tuo personaggio fornendoti un suo diario, ma è una caratterizzazione superficiale ... Plundered Hearts, più di qualsiasi altro gioco, mi ha dato la sensazione di essere davvero all'interno della testa di qualcun altro. Lungo il gioco, la caratterizzazione del tuo personaggio riveste una parte importante. Camuffare la propria identità e modificare il proprio aspetto è importante in diversi punti al fine di suscitare la reazione desiderata da parte di altri personaggi...

Entrambi gli approcci presentano delle difficoltà. Se il protagonista non è caratterizzato, la storia potrebbe mancare di interesse letterario. Se pesantemente definito, il protagonista sarà con ogni probabilità diverso dal giocatore e questo rischia di fare scemare il suo senso d’immedesimazione.

↯ Sono pochi i giocatori a cui è dispiaciuto diventare il Reverendo Stephen Dawson, l'ecclesiasta di mezza-età di Muse, an Autumn Romance (Christopher Huang, 1998), il cui comportamento è limitato dai suoi blocchi emotivi. Ma vi sono giocatori che non riuscirebbero ad identificarsi con un protagonista omosessuale. In generale, questo è un problema loro, e non del gioco, ed è per loro che Neil James Brown scrisse la sua pungente parodia The Lost Spellmaker (1997), l'exploit di Mattie, un agente lesbica e nana dei servizi segreti con la dipendenza dai dolci.

In un medium interattivo, ciò che conosce e ciò che sa fare il personaggio protagonista sono più di un semplice sfondo scenico dal momento che vi partecipa il giocatore. Queste abilità speciali possono essere chiamate la "magia" nel mondo del gioco, nel senso più ampio del termine:

Per la magia così come per la scienza pratica, il problema è come sottomettere la realtà ai desideri dell'Uomo. (C. S. Lewis, The Abolition of Man.)

Per esempio, in `The Witness' si può dire che la magia consista nell'abilità del detective di dichiarare in arresto un altro personaggio non giocatore, o di chiamare la scientifica, ed in Ruins abbiamo la macchina fotografica ed il baule. La magia è il tessuto immaginario del mondo, ed è altrettanto essenziale per la magia avere una ratio coerente quanto lo è per la mappa di indicare una geografia coerente.

Dal momento che la magia è parte dell’ambiente, non bisognerebbe consentirle di diventare un mezzo troppo semplice di risolvere puzzle. Un'incantesimo per "aprire le porte" dovrebbe essere una tecnica generale, con svariate applicazioni diverse lungo il gioco. Ancora meglio, queste tecniche dovrebbero essere utilizzate indirettamente e con ingenuità, per esempio per aprire una porta chiusa a chiave si potrebbe lanciare un incantesimo "fai arruginire" sui suoi cardini. E molti puzzle dovrebbero avere soluzioni che non coinvolgano per nulla la magia, altrimenti il giocatore inizierà a pensare che potrebbe risparmiare un sacco di tempo e sforzi trovando semplicemente l'incantesimo per "vincere il gioco" e farla finita.

↯ In alcuni giochi, pochi a dir la verità, il surrealismo linguistico è la realtà: per esempio `Nord and Bert Couldn't Make Head or Tail of It' (Jeff O'Neill, 1987) è basato interamente su battute umoristiche e la Macchina Elimina-T di `Leather Goddesses of Phobos' può trasformare un coniglio (rabbit) in un rabbino (rabbi). Un critico letterario potrebbe definire questo come magia "postmoderna", in cui il linguaggio viene dislocato da quanto accade "realmente" nel gioco. Sono meccaniche estramente difficili da realizzare bene.

I giochi con la magia nel senso autentico del termine nella narrativa fantastica, raramente seguono l'esempio austero di Tolkien, dove -- nonostante vi siano incantesimi, come quando Gandalf nel (libro) The Hobbit da fuoco alle pigne -- il personaggio dello stregone è più spesso una specie di prete con l’abilità di indagare le ragioni di ciò che la gente dice o un simil-saggio sapiente in materia di natura e storia. Invece, forse per un parsing semplice ed una conveniente suddivisione o forse semplicemente per imitare il gioco di ruolo Dungeouns and Dragons di Gary Gygax, l'interactive fiction ha tendenzialmente seguito le storie Dying Earth (c. 1950) di Jack Vance² dove gli incantesimi sono al contempo gesti drammatici ed ostentati, esercizi mentali complessi che devono essere memorizzati, e strumenti altamente specifici con nomi eccentrici come `Xarfaggio's Physical Malepsy'' e ``The Excellent Prismatic Spray''. Molti schemi magici sono stati provati, e naturalmente ogni sviluppatore vuole trovarne di nuovi. A volte gli incantesimi hanno luogo nella mente (Enchanter), a volte con l'aiuto di specifici oggetti (Curses); a volte sono una via di mezzo (Level 9's `Magik' games, David Williamson and Pete Austin, 1985±6). Talvolta accordare la magia agli oggetti è vantaggioso poiché gli oggetti sono tattili e parte del resto del gioco. Per altri aspetti, la magia necessita di essere disciplinata per essere facilmente suddivisa e descritta. "Cambia la cintura o il bastone in un piccolo serpente velenoso" è molto più riconducibile allo sviluppo del gioco (ed al parsing) che non "converti fino a 1000 piedi cubici di roccia in fango o sabbie mobili".

Se la mappa è molto estesa, o se sono richiesti molti spostamenti da una parte all’altra della mappa, gli autori hanno spesso impiegato la magia per fornire un sistema di trasporto rapido: come le parole magiche in Advent, o i collari con otto codici di colori in Dungeon Adventure, o le cabine di teletrasporto in Planetfall ( (Steve Meretzky, 1983), o i punti bianchi e neri in Adventure Quest' (Mike, Nick and Pete Austin, 1984, 1983). Scoprire e dedurre come utilizzare questi sistemi di trasporto può essere un enigma di per sè, di quelli la cui soluzione è facoltativa ma gratificante.

2. Narratore e protagonista. Alcuni narratori si comportano come un “neorealista" francese, riferendo cioè solo ciò che il protagonista vede e fa in quel momento. Altri, godono descrivendo ciò che il protagonista pensa e crede:

Zia Jemima ha due gatti, Jane e Austin, ma considera Austin particolarmente fastidioso -- questo dovrebbe fare di Austin il tuo alleato naturale, ma di fatto vi guardate in cagnesco.

Qui il narratore di ‘Curses’ (Graham Nelson, 1993) informa il giocatore che al protagonista non piace qualcuno. In un gioco diverso, questo lo si sarebbe potuto appurare attraverso degli eventi, mostrandolo anziché dicendolo. Effettivamente, la relazione con Austin sarebbe potuta essere neutrale finché non fosse stata altrimenti stabilita dalla scelte del giocatore.

E' il narratore a raccontare le parole d'apertura del gioco, a volte chiamate "overture" e convenzionalmente usate per raccontare che tipo di persona sia il protagonista, e ciò che sta cercando di fare. Le introduzioni variano parecchio tra loro rispetto sia per franchezza che per onestà. Molte, come in Curses, lasciano che il giocatore tiri a indovinare o lo ingannano per prenderlo in giro. Questa è una reazione contro lo stile delle overture degli anni '80, esemplificate da Snowball (versione originale):

Il freezer interstellare, Snowball 9, è entrato nel suo sistema stellare di destinazione. E presto entrerà anche nella stella se non riesci a fare qualcosa!

Una simile franchezza era di per sé una necessità considerato che i giocatori dell'epoca si aspettavano che qualsiasi gioco fosse una caccia al tesoro fino a prova contraria. Le introduzioni dei giochi di ricerca divennero piuttosto scontate: qui abbiamo `Enchanter' (Marc Blank and Dave Lebling, 1983):

Sei uno Stregone novizio con solo qualche semplice incantesimo nel tuo Libro, devi trovare Krill, esplorare il Castello che ha usurpato, ed apprendere i suoi segreti. Solo allora il suo grande e malvagio....

E via dicendo. Ciò che rende queste prefazioni deludenti è in parte il fatto che spesso si dilungano oltremodo e sono zeppe di parole come "terrore" e "imbevuto", e/o si prendono troppo sul serio oppure, che è peggio, non lo fanno. Qui di seguito riporto circa un quarto dell'overture, o testo d'apertura, di `Beyond Zork' (Brian Moriarty, 1987), un gioco che non voleva essere una commedia:

La risatina asciutta di Y'Gael zittì il mormorio della folla. "Ti dimentichi della tua storia, Gustar. Non sei tu l'autore della pergamena definitiva sulla Noce di Cocco di Quendor?"
Un tumulto di gracidanti strilli anfibi affogò la replica di Gustar. Y'Gael claudicò verso un tavolo soverchiato di manufatti mistici, vi selezionò un piccolo nocciolo e lo levò in alto.
"La Noce di cocco è la nostra unica speranza," sentenziò piangendo, i suoi occhi rilucenti nell'aura violetta del nocciolo. "I suoi semi incorporano l'essenza della nostra saggezza. Il suo guscio è impervio e lo ripara dai danni del Tempo. Dobbiamo reclamarlo dagli Implementatori, e nasconderlo prima che i suoi segreti vengano dimenticati!"

Auto-indulgente, auto-parodiante, floscio, narrato al passato, poco interattivo e sostanzialmente sciocco. Se Moriarty percepiva che i giochi del tipo caccia al tesoro erano oramai inflazionati, una risposta migliore sarebbe stata quella di ristrutturare il gioco stesso, non di consentire al narratore di mostrare disdegno per essa. L'overture dello stesso autore, in Trinity, è stata, per contrasto, rifinita alla perfezione:

Parole taglienti tra le superpotenze. Carriarmati a Berlino Est. E ora, riporta la BBC, si vocifera di un blackout satellitare. E' quanto basta a rovinare la tua colazione all'europea.
Ma il mondo dovrà attendere. Questo è l'ultimo giorno del tuo pacchetto London Getaway da $599, e sei determinato ad assorbire quanto più possibile questa atmosfera autenticamente inglese. Perciò ti sei lasciato dietro il bus turistico, hai gettato la macchina fotografica e sei fuggito a Hyde Park per una passeggiata contemplativa tra i Giardini di Kensington.

In questi due paragrafi sono stati raggiunti molti obiettivi. A parte i dettagli -- il menzionare la BBC, la colazione all'europea, la macchina fotografica e il bus turistico -- sapete chi siete (un turista americano poco avventuroso, senza conseguenze sul mondo), dove vi trovate (Kensington Gardens, Hyde Park, Londra, Inghilterra), e quel che succede nel resto del mondo (brutte notizie: sta scoppiando la terza guerra mondiale). Inoltre, nessuno sa dove siete andati. Nello stile, l'apertura di ‘Trinity’ è una fuga da un mondo disastroso e fuori controllo, e notate il modo in cui il primo paragrafo è in frasi cariche di tensione, smussate, come titoli di giornali, mentre il secondo è molto più rilassato. Per un secondo esempio, prendiamo ‘Ballyhoo’:

Mentre ti trascini fuori, sulla scia della folla in uscita, torni con la mente al pomeriggio . La tua esperienza del circo, con le sue squillanti promesse di divertimento e meraviglia che non sono sfociate in nient’altro che in disappunto, è stato come affondare i tuoi denti in una mela caramellata il cui frutto è marcio.

Non importano i prezzi oltragiosi, il posto abbarbicato come in cima al Mt. Everest, la propaganda pseudo comunista, il pubblico più selvaggio del leone in scena.  E non è stata la meschinità delle esibizioni stesse che ti ha inacidito su Spangleland. No,  semplicemente il circo ti ricorda il tuo desiderio irrazionale di rubare la scena, di sconfiggere la morte, e di crogiolarti in un mare di applausi.

Molti giocatori non avranno alcun desiderio simile: ma il narratore non sta parlando del giocatore, ma solo del personaggio protagonista.

↯ Altre e più dettagliate informazioni di partenza, se fossero necessarie, possono essere poste interattivamente all’interno del gioco e non necessariamente fornite tutte assieme all’inizio: per un esempio guardate i libri della libreria di ‘Christminster’ (Gareth Rees, 1995)

3. Giocatore e narratore

Il narratore sceglie quanto raccontare al giocatore e quali scene mostrargli. Quando il gioco passa ad una scena cinematografica, un passaggio del testo in cui accade qualcosa senza che il giocatore possa interagire con essa, è perché il narratore ha scelto di prevaricare il giocatore. Gareth Rees (Usenet, messaggio dell’  8/8/95):

Scelsi di non usare questa tecnica, in parte perché ritengo sia un'ammissione di sconfitta, una dichiarazione che il medium delle avventure testuali non è abbastanza flessibile per scrivere il tipo di interazione col personaggio che vorremmo.

Le scene cinematografiche rischiano di diminuire il coinvolgimento del giocatore con il gioco, ed il livello di fiducia tra il giocatore e il narratore. Alla fine di un gioco di successo, il narratore può prendere rischi maggiori, sfruttando l'amicizia -- per così dire. All'inizio, e specialmente nel testo di apertura, il narratore farà meglio ad evitare scene cinematografiche e presunzioni. Thomas NIlsson consiglia agli sviluppatori di:

Creare un’immagine di lui [il narratore] e aderirvi. Ricevere commenti sul vostro (limitato) progresso nel gioco può essere divertente, fin tanto che non sono fuori dal personaggio.

Effettivamente molti narratori sono silenziosi e poco intrusivi fin tanto che il giocatore segue la “giusta” linea di scelte, ma emergono immediatamente con commenti sarcastici e sardonici una volta che il giocatore si discosta da tale linea. Le frasi più piccole tradiscono immediatamente tale atteggiamento:

>saluta
Saluti, ma nessuno ti risponde. La vita è così.

>guarda dietro la tenda
No, nessun’altra chiave.

Stai cadendo verso il terreno, il vento ti sferza il corpo..
>est
Giù sembra più probabile.

Austin, il tuo gatto fulvo e incorregibile, poltrisce qui intorno.
>austin, vai a sud
Capisco che non hai mai avuto un gatto.

`Kingdom of Hamil'; `Sorcerer'; `Spellbreaker'; `Curses'. Non è una coincidenza se tutte queste risposte siano spesso degli scherni ai progressi del giocatore. Come il giocatore, ma diversamente da ogni altro personaggio nel gioco (incluso il protagonista), il narratore sa che si tratta di un gioco: è il narratore che stabilisce le regole, i punti di ricompensa e che offre degli indizi. Il passaggio di `The Hitchhiker's Guide To The Galaxy' citato nella precedente sezione:

Ford abbassò la sua voce ad un sussurro: “Non dovrei dirtelo, ma non riuscirai mai a terminare il gioco senza consultare la Guida su un sacco di roba.”

è divertente, se lo è, perché Ford sta usurpando il compito del narratore. Nessuno  si strapperebbe i capelli per l’alternativa più convenzionale:

Ford ti passa il libro e se ne va.
[Per favore digita ``consulta la guida su Argomento'' per avere informazioni sull’argomento.]

Effettivamente in alcuni giochi si potrebbe dire che il parser, che pone domande come “Cosa intendi?” e che in alcuni giochi parla solo attraverso parentesi quadre, è un quarto personaggio, piuttosto differente dal narratore.

Fare dei giochi di parole con il narratore è una delle tecniche comiche preferite da Steve Meretzky. Qui in un esempio più moderato e tipico:

(Nessuna meraviglia che questa sezione di Marte è considerata la Capitale dei Castelli in Rovina del Sistema Solare.)

Più moderato, anche in `Leather Goddesses of Phobos' come si può intuire dalla necessità delle parentesi. E’ solo nelle parodie che il narratore se ne esce fuori con commenti in ogni occasione.

↯ E’ una tattica comune per gli autori di giochi giovanili e stupidi, che sperano così di suggerire al giocatore che dal momento che il gioco conosce i suoi difetti è quindi più sofisticato, più maturo. Ma raramente lo è. Cf. i numerosi pasticci che intendo essere parodie di “Zork”, o Big Al’s ‘BJ Drifer’ (1998).


RIFERIMENTI
Per sondaggi sui numerosi tipi di approcci all’identità del giocatore nei giochi classici, vedete `Character Gender in Interactive Fiction', parti I e II, di Doug Anderson (XYZZYnews 3 e 6) e `Player Character Identity in IF', John Wood (XYZZYnews 9). Notevoli ambiguità sul sesso sono presenti nella trilogia “Snowball”, il cui protagonista si chiama Kim Kimberley, e in `Jigsaw', che tenta di inserire una sotto trama romantica senza specificare il sesso dei personaggi in nessuna parte. Nell’aldilà, W. H. Auden (1907±73) considerava le identità fantasma che narravano un poema essere uno dei suoi due regali al lettore: ``La prima domanda [chiede il lettore] è tecnica: `Ecco un’aggeggio verbale. Come funziona?' Il secondo è, nel suo senso più ampio, morale: `Che tipo di gente abita questo poema?' ''

² Sebbene Dave Lebling citi il racconto Earthsea di Ursula K. LeGuin come principale ispirazione di `Enchanter'.

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